Le interviste carnivore: Gengis

Questa volta non sarò io ad intervistare altri coltivatori, ma ho accettato la proposta di Salvo e quindi risponderò io alle sue domande. Buona lettura a tutti.

Intervista di Salvo Marziano

Gengis ho visto che curi un blog molto stimolante sul mondo delle piante carnivore con un sacco di interviste interessanti e dato che tu intervisti tutti e visto che sono in Sicilia ne approfitto per intervistare te!

  • Io ti definirei un coltivatore estremo per le condizioni e la latitudine alla quale coltivi le piante carnivore, quali accorgimenti usi per coltivarle? Quali sono le maggiori difficoltà che incontri ?

Coltivando in serra nella provincia più a sud d’Italia sono costretto a fare i conti con le alte temperature durante tutto l’anno, e questo non solo per le specie temperate ma anche per le tropicali. Durante l’inverno, quando fuori dalla serra ci sono una decina di gradi centigradi o poco meno, in una bella giornata soleggiata tipica della mi area geografica, in serra si supererebbero facilmente, senza i dovuti accorgimenti, i 30°C. Deleteri per il riposo delle temperate. Queste temperature scemano velocemente quando il sole non irraggia direttamente la serra, quindi nei giorni nuvolosi e la notte le temperature precipitano; cosa che le piante tropicali non gradiscono.
Quindi quando progettai la mia attuale serra provvedetti a realizzare un sistema passivo che potesse abbassare le temperature forzando il ricircolo dell’aria fruttando i più basilari principi fisici.
In estate, nelle lunghe estati sicule, il problema maggiore contro cui combattere oltre le temperature che possono superare anche i 45°C per parecchi giorni consecutivi, è l’umidità atmosferica, che hai i suoi picchi inferiori al di sotto del 10%UR.
L’umidità la compenso con i classici sistemi automatizzati di nebulizzazione pilotati da igrometro, per le temperature è molto più difficile, dovendo ricorrere anche a cartonare le zone morte del soffitto della serra oltre una buona ombreggiatura su tutta la superficie irraggiata dal sole.
La coltivazione per me è un continuo sperimentare, provare e riprovare fin quando non si è soddisfatti, e l’avere condizioni molto estreme è un grande stimolo al miglioramento.

Foto di Salvo.

  • Ho visto i risultati spettacolari che ottieni nella coltivazione delle sarracenie con colori intensi e piante sane, ipoteticamente cosa vorresti scambiare con un coltivatore della fredda e umida Inghilterra?

I politici? La birra? No, scherzo. In realtà potendo scegliere le condizioni meteorologiche preferirei assolutamente quelle inglesi a quelle sicule. L’unica cosa che difficilmente riuscirei a superare è il breve tempo di vegetazione rispetto al mio attuale marzo-novembre. I colori non mi preoccuperebbero molto, perché si possono usare svariate tecniche per ottenerli, essendo questi sempre dovuti a dei pigmenti che vanno a diluire la clorofilla come risposta agli stress, si possono ottenere gran bei risultati usando un minimo di ingegno. Io stesso, quando voglio ottenere qualcosina in più da un determinato clone, soprattutto ora che ho in serra sempre più condizioni da zona padana ( alta umidità e bassa irradiazione), agisco diminuendo per qualche giorno l’umidità. Preferisco non agire sullo stress idrico, sia perché nella mia attuale configurazione è già molto basso, sia perché produce un maggior effetto “cartonato” sugli ascidi, e a me non piace.

  • Ora vorrei sapere come è cominciato tutto, come sei caduto in trappola? Qual è la prima pianta che ha attirato la tua attenzione e qual è quella che ti ha fatto capire di essere oramai senza speranza di redenzione da questa bella passione?

Sin da piccolo sono sempre stato interessato a ciò che mi circondava, quella sana curiosità che non è gossip. Molta della mia attenzione è sempre caduta sulle scienze propedeutiche, da queste arrivare agli esseri viventi è stato un passo, in particolare il regno vegetale mi affascinava. Avendo poi genitori appassionati di colture floreali e ornamentali non ho avuto scampo. Nei diversi periodi della mia vita ho coltivato generi diversi, e l’arrivo a quelli carnivori è stata solo una normale progressione della mia curiosità. Avevo intenzione di abbandonare la coltivazione delle piante acquatiche sommerse e adattate, e mi ritrovai a scegliere tra la straordinaria magia delle piante carnivore nell’uso dell’azoto dei composti di origine animale o le raffinate tecniche riproduttore delle orchidee. Sapete come è finita. Ma in futuro, mi piacerebbe intraprendere un percorso anche nel mondo della coltivazione delle orchidee.
Le mie prime piante furono due ibridi di Sarracenia da garden, veramente nulla di straordinario dal punto di vista estetico, ma in breve tempo diventarono 10, 20, 50 cloni diversi di Sarracenia. Nel frattempo si andavano aggiungendo nuove specie.
Proprio quest’anno, contando più di 600 esemplari tra cloni e specie, mi sono reso conto che forse è il momento di rasserenarsi e mettere ordine in serra, questo ovviamente ha segnato la presa di coscienza di quanto ormai io sia coinvolto nella coltivazione di questi generi.

Foto di Salvo.

  • Semine e sarracenie: da quanto tempo hai comiciato a seminare e hai fatto degli incroci tutti tuoi? Parlaci delle tue piccole Angelo! visto le temperature e il sole siculo crescono più velocemente rispetto alle sorelle che vivono nelle collezioni continetali?

Ho iniziato a seminare Sarracenia l’anno successivo alla mia prima pianta carnivora, inizialmente solo come curiosità del ciclo vitae della specie e per avere le famose piante “sacrificabili” per le mie osservazioni; successivamente non sono più riuscito a fare a meno di quella continua sorpresa che le piante da seme, e la grande variabilità di Sarracenia, regalano.
Ad influenzare la crescita delle plantule non è tanto l’irradiazione o la temperatura, che invece, vista l’abbondanza, sono quasi sempre un punto negativo per la velocità di crescita. La vera differenza la fa il lungo periodo di vegetazione, ho la fortuna di avere quasi il 40% di fase vegetativa rispetto a chi coltiva al nord.
Le giovani plantule di Sarracenia nella mia serra non godono di trattamenti speciali, però a differenza delle piante adulte, cerco sempre di non essere abbondante nei livelli idrici ma mai tirchio nell’umidità, e le nutro artificialmente sia per via radicale, con il classico baycote, che per assorbimento fogliare con mix di azoto e amminoacidi.
Dallo scorso anno, su alcuni sto sperimentando dei fitormoni, che pur dando ottimi risultati in coltivazione, resteranno solo un’esperienza di studio per l’alto costo che comporterebbe un utilizzo regolare.
Seminare, nella mia esperienza di coltivazione resta senza dubbio l’emozione più grande in assoluto.

Foto di Salvo.

  • I coltivatori siciliani di piante carnivore quanti sono e c’è fermento nell’isola oppure siete delle mosche bianche?

Siamo un bel gruppetto, che proprio in questo periodo sta cercando di riorganizzarsi e rilanciare l’evento regionale classico annuale, nel tentativo di coinvolgere le regioni più a sud e perché no, qualche temerario coltivatore più a nord; probabilmente il prossimo anno ci saranno delle belle sorprese. Purtroppo le carenti infrastrutture regionali non invogliano più di tanto a gli incontri, ma quando riusciamo ad organizzare gli incontri ci divertiamo sempre.

  • Secondo te cosa si potrebbe fare per migliorare la scena carnivora italiana?

Difficile a dirsi. Io sono rimasto impressionato dall’affetto e dalla stima che mi è stata dimostrata al meeting nazionale dagli altri coltivatori, non me ne aspettavo cosi tanta.  E per questo credo che bisognerebbe pensare più alle piante e al piacere di scambiare qualche chiacchiera con altri appassionati che fare le solite passarelle che purtroppo sempre più spesso si vedono. Il problema non è della comunità carnivora, ma la mentalità italiana. Fin quando ci saranno più interessi personali che hobbistica la situazione non potrà cambiare, anzi a vedere quello che sta succedendo, anche sui banchi dei venditori professionisti ai vari raduni, e constatando l’opinione comune dei coltivatori italiani più esperienti, direi che siamo ancora nella fase discendente. Ognuno di noi dovrebbe avere l’onestà intellettuale di ammettere il motivo per cui coltiva, e poi esserne coerente, questo sicuramente sarebbe il primo passo per intraprendere il cammino su una delle possibili giuste strade. Abolire quell’aria di gruppetto d’elitè che alcuni cercano di crearsi intorno potrebbe essere un’altra buona strada da cui iniziare. Bisogna capire che la coltivazione hobbistica è principalmente passione e non il classico gioco di confronto per sminuire chi si è appena avvicinato o ancora peggio l’infantile “chi ce l’ha più grosso”… …l’ascidio!
In conclusione, penso che gli incontri tra coltivatori possano fare crescere, in modo sano e maturo, tutto l’ambiente e una riorganizzazione della comunità non farebbe di certo male.

  • Ti succede spesso di perdere la cognizione del tempo in serra? Quanto tempo della tua giornata dedichi alle tue piante?

Io mi perdo ripetutamente ogni volta che vado in serra. A tal proposito, sono stato costretto dai miei familiari a tenere addosso il mio telefonino quando vado, viste le svariate volte che sono stato dato per disperso. Infatti come hai potuto vedere la mia serra è molto “vivibile” a differenza di quello che può essere il classico tunnel; tutte le piante sono raggiungibili senza acrobazie e velocemente, la permanenza, temperature e umidità a parte, è sempre piacevole. Io dedico molto tempo alle piante, adoro girare tra i banchi e controllarle una per una. Negli anni proprio per questo ho eliminato via-via quasi tutti gli altri miei hobby, cosi da potermi dedicare completamente alla serra, che continuava a crescere sia come dimensioni che come numero di esemplari. In una normale giornata feriale, passo in serra anche 2-3 ore, con ripetute visite di controllo e manutenzioni varie. Purtroppo quest’anno non sto riuscendo a dedicare il tempo che dovrei alle piante e questo si ripercuote fondamentalmente sulla loro estetica.

  • Quali sono i tuoi progetti futuri per la tua collezione di piante?

Fin ora non ho avuto un grande ordine nello scegliere i vari cloni, ho sempre preso ciò che di mio gusto mi capitava sottomano, fatta eccezione per qualche clone di Sarracenia proveniente da qualche località in particolare da usare per la propagazione. Da quest’anno, visto che ancora una volta lo spazio viene a mancare, e dovrò dedicare una serra solo ai seedling di Sarracenia, ridurrò il numero di Drosera, ovviamente senza toccare minimamente la sezione delle pigmee, e cederò alcuni cloni di Sarracenia, che se anche molto belli, non rientrano nei miei piani per le ibridazioni, cosi da fare spazio per quella trentina di cloni attualmente nella mia whishlist. Purtroppo al di là dello spazio, superato un certo numero di esemplari l’impegno e il tempo necessario alla corretta cura diventa direttamente proporzionale al quadrato, e questo aumento segnerebbe inevitabilmente il passaggio da semplice appassionato a coltivatore professionale, con un aumento dei costi non indifferente, quindi tenderò, almeno per ora, a non superare la quantità attuale. Sicuramente però, prima del 2019, allestirò un terrario per le petiolaris-complex di Drosera, nulla di grande, una vaschetta da 30 litri, ma in stile natura.
Probabilmente nei prossimi anni, invece, dedicherò una serra alle nepente, e cercherò di avere un piccolo spazio per le tuberose di Drosera, ma questi sono progetti più lontani per ora.

 

  • Che rapporto hai con gli orti botanici dell’isola? C’è da parte tua o degli altri coltivatori siciliani una collaborazione con queste istituzioni ?

A dire il vero non ho contatti di collaborazione con nessun orto al momento, ma non è una cosa che escludo nel prossimo futuro. Attualmente il gruppo siciliano collabora con l’orto di Messina, per la realizzazione dell’appuntamento annuale di incontro, spero che ci potranno essere le basi per continuare nella tradizione anche nei prossimi anni, e continuare a vederci con tutti i coltivatori siciliani ancora in quel bellissimo sito.

 

  • In generale posso affermare che hai delle bellissime piante ma credo che ,come tutti i coltivatori di piante carnivore italiani e non, perdiamo la testa davanti al tuo bancale di drosere pigmee allineate maniacalmente, quasi al limite del patologico… dicci tutto di loro..

Era una fredda e buia notte del… Nono, scherzo, è che le storie più serie iniziano sempre cosi.
In realtà il mio amore per questa sezione di Drosera nasce da una delle più particolari straordinarietà di queste specie: la completa mancanza della nitrato reduttasi. Senza questo importantissimo enzima non può essere catalizzata la reazione di ossidoreduttasi, quindi i nitriti non possono trasformarsi in nitrato e viceversa. L’assenza di questa flavoproteina segna l’impossibilità della pianta di poter utilizzare l’azoto proveniente dal substrato attraverso l’apparato radicale.
Iniziai con poche specie, per capirne le necessità, ma in breve tempo mi ritrovai a contattare coltivatori di tutta Europa per organizzare lo scambio, per arrivare ad oggi e superare, tra specie e varietà non riconosciute, 55 tipi diversi.
Da due anni mi sono impegnato nella diffusione. La loro coltivazione è molto semplice, non hanno grosse necessità ed hanno una dose di adattamento molto elevata a tutte le condizioni. Nella coltivazione sarebbe corretto parlare singolarmente, specie per specie, ma escludendone qualcuna un po’ più antipatica, possono veramente essere coltivate tutte allo stesso modo, ricordate sempre che non si tratta di piante acquatiche e che detestano l’aria stagnante. Il loro vero nemico è il caldo.

 

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