Nato il 19 ottobre 1971, Andrea Amici, uno dei più grandi esperti italiani di piante carnivore, è punto di riferimento per tutti i coltivatori. Ammaliato in tenerissima età da Dionaea muscipula, coltivatore da trentanni, è impegnato nella divulgazione. Selezionatore di importanti cloni, come quelli di Sarracenia codificati come A60MK, un esemplare di S. alata var. nigropurpurea scurissimo, la famosissima flavona F199MK e tantissimi altri.
-
Sei stato uno dei primi coltivatori italiani, ricordi come iniziò la tua avventura carnivora e cosa ti continua ad attrae di queste specie?
“Il mio ricordo ha i contorni sfuocati di un sogno.
Tutti noi bimbi della terza B festeggiamo gli 8 anni di Giampiero nella primavera del 1979. Con le testoline vicine vicine, attorniamo il banco su cui troneggia il regalo per lui: una Dionaea, una pianta carnivora, una pianta che mangia insetti, che si muove, incredibile, fatta come una tagliola, che si chiude a scatto! Nooooooooooo!! Siiiiii!! Megagalattica! Sembra finta! Sembra che pensa! Ma fa male al dito?
Centinaia di meravigliati commenti invadono l’aula per un’ora. Io resto ammutolito, stregato, rapito, portato via, colpito a fondo. Marcato a vita. Questa minuscola pianta con i denti, pronta a ferire, ad uccidere, questa pianta evoluta e adattata all’ambiente ostile beh, questa pianta è perfetta, tutto quello che mi occorre per completare il Sogno. Inutile dire che mi sono innamorato subito. Una cotta stracotta eterna. Un delirio.
La vera difficoltà iniziava allora: come fare a carpirne il segreto nel tentativo di conquistare il cuore della Venere delle piante?
Strada lunga e tortuosa, fatta di croci e delizie, di stupefecenti scoperte e di passioni ardenti mai paghe, di emozioni viscerali, di brividi antichi, di speranze e di amore.
Ribadisco: io nel mio piccolo mi innamorai alla grande. Primavera del ’79, la mia prima volta.”
Testo tratto da “Il Pigliamosche”, categoria “Di piante e di altre memorie”:
-
Hai una specie preferita? Avresti qualche consiglio per chi si appresta a coltivarla?
Risposta spontanea: dionea.
E’ LEI che mi ha stregato, catturato e marchiato a vita, la mia devozione è totale, il suo fascino irresistibile: in un regno -quello vegetale- pieno di meraviglie, la “Trappola di Venere” rimarrà sempre la più strabiliante.
Anche per questa domanda, lascio un link verso una sezione specifica del mio blog:
-
Si mormora che tu coltiva Dionaea muscipula in sola sabbia con eccellenti risultati, quanto è importante nella coltivazione sperimentare?
Fondamentale. Provare a coltivare, in pochi metri quadrati, piante che provengono da ogni ambiente del mondo, con migliaia di microclimi e di condizioni ambientali differenti è una sfida estremamente ardua che va affrontata a mente aperta a molteplici possibilità, nell’osservazione attenta degli ambienti d’origine e delle abitudini di vita di questi organismi così affascinanti.
Per imparare a comunicare con loro, occorre sapersi porre al loro livello offrendo molte possibilità di ambientazione, al fine di farle sentire il più vicino possibile a casa…
Clone di S. alata var. nigropurpurea selezionato da A. Amici. Coltivata/e fotografata da Gengis.
-
La tua fama ti precede, al di là delle tue bellissime selezioni e dei consigli, l’entusiasmo che riesci a trasmettere quando parli delle piante è veramente unico, qual è il segreto per mantenere quella scintilla sempre viva?
Mi fa piacere quando mi viene riconosciuta la figura di divulgatore! E’ ciò a cui ambisco maggiormente e devo dire che in tanti anni (quasi 30) di “onorata militanza” ho visto crescere,fin dalla tenera età infantile, un buon numero di coltivatori diventanti, nel tempo, bravissimi
Quando essi stessi mi riconoscono questo ruolo, mi sento appagato ed orgoglioso.
Non ho segreto alcuno, sono le piante stesse che mi tengono acceso il sacro fuoco: le emozioni che provo alla vista di una bella pianta carnivora sono le stesse di quando ero bambino.
-
Alcune delle tue selezioni di Sarracenia sono considerati dei cloni immancabili nelle collezioni di chi adora questo genere, ci racconteresti qualche cuoriosità sul alcuni di questi cloni?
Avendo iniziato a coltivare negli anni in cui ancora, in Italia, c’era il nulla assoluto, ho potuto anticipare i tempi e capire ben prima dell’avvento, negli anni 2000, di internet dove poter reperire le migliori selezioni di piante: sono stato socio di moltissime associazioni di piante carnivore in tutto il mondo e da tutto il mondo acquistavo quasi compulsivamente i cloni che, successivamente, sono divenuti famosi anche qui da noi. Già nei primi anni ’90 portavo qui molte delle più famose sarracenie del rinomato vivaio inglese “Marston Exotics”, così come dall’Australia o dagli Stati Uniti.
Da questi cloni, già selezionati per colori, forme e dimensioni, ho selezionato quelle che mi piacevano di più fino a quando, potendoli pubblicizzare in mostre e meetings vari, sono divenuti famosi.
Tra questi c’è la “flavona”, probabilmente una delle sarracenie più grosse del mondo in coltivazione, apprezzatissima anche dai grandi coltivatori europei ed inglesi. Oppure Sarracenia alata nigropurpurea, trovata in un mercatino sconosciuto, che è una delle più scure mai viste in coltivazione. E poi gli ibridi, come “Iamsatyricon”, dedicata ad un amico coltivatore che ora ci guarda dal cielo.
E poi tante altre, la selezione di dionee, di cephalotus. Una miriade di ricordi di persone, di viaggi, di esperienze che si fondono e si trasformano in piante.
-
In tanti anni di coltivazione c’è un momento carnivoro che ricordi con particolare gioia o soddisfazione?
Su tutti, tra i vari riconoscimenti alle mostre (il più gratificante quello conseguito al meeting europeo a Mira nel 2008, quando una mia Sarracenia leucophylla è stata premiata come la pianta più bella del meeting, da una giuria internazionale formata da grandissimi esperti e coltivatori) tra gli inviti a divulgare la conoscenza di queste piante in programmi televisivi nazionali (Geo & Geo, diverse volte) su tutti, dicevo, questo sempre tratto da “Il Pigliamosche”:
Clone di S. flava var. atropurpurea selezionato da A. amici. Coltivato/fotografato da Gengis.
-
Non ti risparmi mai durante i vari eventi carnivori, dai meeting alle cene, credi che la partecipazione a questi incontri possa dare qualcosa in più alla coltivazione e a tutto l’ambiente carnivoro?
Sono uno dei fautori di questi incontri, da sempre, da quando eravamo veramente in 8 o 10 attorno ad un tavolo a parlare di piante: se non credessi a questo mio ruolo, non parteciperei con tanta energia e consapevolezza.
-
Una delle letture carnivore più interessante sul web sono gli articoli nel tuo blog, come è nato, e che importanza dai alla condivisione nella coltivazione?
Ti ringrazio per la considerazione!
E’ nato da uno spazio disponibile all’interno del sito dell’associazione, aipcnet.it
Quasi per gioco, poi mi sono reso conto che mi piaceva raccontare della mia esperienza sensoriale ed emotiva con le piante carnivore!
“Il Pigliamosche” ha già 12 anni, lì dentro c’è tanto della mia vita, prevalentemente con le piante, ma non solo. Quando lo rileggo, andando indietro, ho la stessa sensazione di viaggiare nel tempo! E’ un diario a tutti gli effetti.
Non ho una pagina personale su Facebook, preferisco la tradizionale mail per comunicare, nonché un profilo su Flickr, che mi diverte e mi rilassa.
-
Rispetto al passato l’ambiente carnivoro italiano sembra aver subito, negli ultimi anni, una sorta di rallentamento, che ha portato ad un po’ di apatia nella condivisione, credo che l’allarme sia stato avvertito anche dall’Associazione Italiana Piante Carnivore che a quanto pare tenta di tornare ai due eventi nazionali annui, abbandonati dal 2013. Secondo te, quale è il motivo, e quale potrebbe essere l’input per ritornare al clima di 7-8 anni fa ?
Molto è cambiato con l’avvento della attuale abitudine a comunicare. Il “tutto subito” ha impoverito i pensieri. Ha spaccato e creato micro-gruppi distanti. La voglia di incontrarsi personalmente viene meno, anche per un fatto economico: venire ad un meeting decentrato rispetto alla propria città ha dei costi che si possono portare a zero attraverso la rete… Anche le piante “tanto la vedo in foto sul web o con Whatsapp”. Ma non è mai la stessa cosa, ovviamente.
Una “cura” non la percepisco. Mi auguro che ci sia un’evoluzione, un cambiamento, ma anche questo avverrà naturalmente e forzarlo, secondo me, risulterebbe inutile.
Le piante possono aiutarci a guarire, nel senso che solo loro con la loro bellezza e la loro capacità di attrarre a livello sensoriale ed emotivo le persone, possono essere il richiamo oltre il monitor! Le belle mostre, gli eventi accativanti, le proposte uniche hanno una magia che solo da essendoci dentro si può percepire!
-
Negli ultimi mesi abbiamo seguito l’evoluzione di “Pigliamosche 3.0” attraverso i tuoi racconti sul blog, quali sono i progetti futuri in ambito carnivoro?
Ne ho uno estremamente complicato ma intrigante da morire: cercare la miglior tecnica di coltivazione di Darlingtonia californica, una delle piante più difficili ai nostri climi.
Ho alcune idee, che sto sviluppando in collaborazione con alcuni bravi coltivatori, ma non voglio svelare nulla, per ora…
Vorrei concludere la chiacchierata con questo omaggio a Furio, mio maestro, che racchiude tutta la mia gratitudine per lui e gran parte del mio percorso con le piante carnivore:
Scorrendo la pagina, cercare il racconto “L’eredità di Furio”.
Carnivorandia 26 febbraio 2018.
Foto di Andrea Amici. Link Utili: Blog di Andrea Amici